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L’epoca preistorica e protostorica
La presenza umana in Sardegna è molto antica, risale all’età preistorica, dove
fiorì una delle civiltà più importanti e originali del mediterraneo.
Resti monumentali permangono già dal neolitico (3000 – 1800 a.C.), sono le tombe
chiamate “domus de janas” (case delle fate), dove le meglio conservate si
trovano nella necropoli di Sant’Andrea Priu, presso Bonorva (nella zona nord
occidentale).
Ma i monumenti più famosi sono i nuraghi , sono torri in pietra alte a forma di
tronco di cono, raggiungevano anche altezze considerevoli e sono presenti in
tutta l’isola.
Tra i nuraghi va ricordata quello si Santu Antine, nel comune di Torralba, la
maggiore struttura megalitica della Sardegna (XIV a.C.).
Dai Fenici ai Romani
Le prime testimonianze del periodo storico sono dei Fenici che fondarono colonie
in Sardegna per sfruttare il mare poco profondo e insenature che permettono
l’attracco e la difesa da eventuali nemici.
I fenici fondarono molte colonie del periodo arcaico sono
Cagliari, Villasimius,
Sulky, Bithia, Nora, Tharros, Othoca, Bosa,. A Bosa e Nora sono state trovate le
iscrizioni fenicie più antiche.
Successivamente alle primitive costruzioni fenici si sovrapposero le strutture
Cartaginesi e poi quelle Romane (III a.C.), che divenne un fiorente centro di
commercio, grazie alla sua posizione strategica.
Il centro romano più importante è Cagliari, ma vengono fondate anche altre
città, specie al nord come Turris Libisonis (Porto Torres).
Il medioevo
Con la caduta dell’impero romano, la Sardegna fu invasa prima dai Vandali (400),
poi successivamente dai Bizantini con Giustiniano nel 534.
Nel periodo che va dal VIII al X secolo visse un periodo di paura e terrore con
le scorrerie degli Arabi che saccheggiavano e depredavano le coste, la
popolazione cominciò a spostarsi all’interno dell’isola.
Una nuova organizzazione amministrativa si ebbe con la creazione dei quattro
“giudicati” autonomi di Cagliari, Arboreà, Logudoro, e Gallura.
Nel XI secolo furono posti sotto il controllo di
Pisa e Genova fino ai primi
decenni del secolo.
Storia della Sardegna aragonese (1334-1479)
Nel 1334 con la presa del castello di Cagliari da parte di Alfonso, nacque il
regno di Sardegna.
La situazione peggiorò nelle campagne dove fu applicato il
feudalesimo.
Gli abitanti conducevano una vita grama e dolorosa, sottoposti agli
abusi dei signori locali e dei loro procuratori (podatari), dato che i titolari
vivevano in territorio spagnolo.
I tributi erano numerosi e gravosi il più pesante era il Focatico o Feu, pagato
collettivamente e ripartito dalla comunità tra le singole famiglie.
Il passaggio ai Savoia
Dopo la guerra di successione spagnola la Sardegna passò allo stato sabaudo
(1720), dopo circa un secolo iniziò la riforma albertina (1836-1839) avviare,
con l’abolizione delle strutture feudali, un svecchiamento delle strutture
statali.
Uno degli elementi più importanti è la fusione della borghesia sarda con quella piemontese, che portò lentamente ad per abbandonare tutte quelle tradizioni Aragonesi e spagnole.
Dopo l’unità d’Italia (1860), ci fù la ripresa del brigantaggio e delle
rivolte cittadine contro l’aumento dei prezzi, con il flusso ininterrotto di
immigrazione per tutta la seconda metà del ‘900, fino ad arrivare al suo
rilancio economico e turistico.
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